Autovelox non omologati: confermato il sequestro preventivo

Autovelox non omologati: confermato il sequestro preventivo

È configurabile il delitto di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) nella sottoscrizione di contratti di noleggio e installazione di apparecchi di rilevamento automatico della velocità dichiarati come “omologati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”, ma risultati soltanto “approvati” con decreti della Direzione Generale per la sicurezza dei trasporti, stante la diversità delle due procedure previste dal codice della strada (Nella specie, la Corte di Cassazione, ritenuta la sussistenza del fumus del reato, ha confermato il sequestro preventivo di un gruppo di apparecchiature di rilevamento automatico della velocità) (Cassazione penale, Sez. V, sentenza 14 marzo 2025, n. 10365).

Il caso di specie

La sentenza in commento si pronuncia su un ricorso avverso un’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva respinto l’istanza presentata avverso i decreti di sequestro preventivo di un gruppo di apparecchiature di rilevamento automatico della velocità in relazione ai reati di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) e falso per induzione in errore dei pubblici ufficiali preposti al rilevamento e alla contestazione delle infrazioni a carico degli utenti della strada (artt. 48110479 c.p.), elevate sulla scorta dell’attestazione della “debita omologazione” delle apparecchiature all’uopo installate.Nell’ordinanza impugnata il Tribunale aveva illustrato come i contratti di noleggio ed installazione sottoscritti dal legale rappresentante dell’ente produttore degli apparecchi con una Provincia e due Comuni avessero ad oggetto “postazioni fisse omologate per il rilevamento della velocità ai sensi dell’art. 142 CdS” e più volte contenessero espressamente, nell’articolato delle clausole, il riferimento ad apparecchi “omologati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti” (MIT), pur trattandosi di apparecchiature che, invece, non erano state omologate dal Ministero e risultavano soltanto “approvate” con decreti della Direzione Generale per la sicurezza dei trasporti.Nel rigettare il ricorso – fatta eccezione per alcune doglianze concernenti la causale dei contratti e l’attribuzione soggettiva di due capi di incolpazione provvisoria – la Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla dibattuta questione della distinzione tra la procedura di omologazione e quella di approvazione delle apparecchiature per il rilevamento di velocità ed ha confermato la configurabilità del fumus dei reati ipotizzati.

Procedure di omologazione e approvazione delle apparecchiature: diverse o equipollenti?

La questione giuridica è stata approfonditamente esaminata nella sentenza in commento e decisa nel senso della diversità tra le due procedure, sulla base di un’ampia disamina della normativa in materia, oltre che della giurisprudenza civile e amministrativa.

In particolare, per quanto concerne la normativa, la Corte ha ricordato che:

• l’art. 45, comma 6 CdS espressamente distingue tra omologazione e approvazione (“Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all’approvazione od omologazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);• l’art. 192 reg. esec. CdS disciplina le procedure di approvazione e omologazione. Il comma 3 stabilisce che, in relazione al singolo prototipo, “quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni il Ministero dei lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2”. Il comma 2, per l’omologazione, richiede un accertamento, anche mediante prove, da parte dell’Ispettorato Generale per la circolazione e la sicurezza stradale del ministero dei Lavori pubblici, che si avvale, ove necessario, del parere del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, con specifico riferimento alla rispondenza e alla efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal Regolamento;

• gli artt. 142, comma 6 CdS e 345, comma 2 reg. esec. ulteriormente distinguono le due procedure.Per quanto concerne invece l’interpretazione giurisprudenziale, rispetto alla quale la difesa dei ricorrenti aveva evidenziato la ritenuta sussistenza di una situazione di incertezza derivante da orientamenti contrastanti sulla questione, la Corte ha dato atto dell’esistenza di una non univoca giurisprudenza di merito in materia, ma ha richiamato, da un lato, il consolidato principio per cui in presenza di una situazione di dubbio sulla liceità o meno di una condotta l’agente è tenuto a adottare “un atteggiamento di cautela, fino all’astensione dall’azione se, nonostante tutte le informazioni assunte, quella incertezza permanga” (Cass. pen., Sez. V, 24/11/2016, n. 2506), e, dall’altro lato, ha indicato alcune decisioni pronunciate in sede civile e amministrativa che depongono nel senso della diversità tra le due procedure, in conformità all’orientamento da ultimo affermato dalla Cassazione civile.Sotto quest’ultimo aspetto, la Corte ha infatti ricordato che la recente sentenza della Cassazione civile che si è pronunciata sulla distinzione tra le procedure di approvazione e omologazione, richiamata dall’atto di impugnazione, non ha costituito un netto ed improvviso mutamento nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., Sez. II, 18/4/2024, n. 10505Cass. civ., Sez. II, 26/7/2024, n. 20913), in quanto si colloca sulla scia di precedenti decisioni, di cui costituisce un prevedibile sviluppo. Il richiamo è all’orientamento formatosi sulla valenza probatoria dei rilevamenti del superamento dei limiti di velocità, quando registrati da apparecchiature “omologate” e sottoposte a verifiche periodiche (cfr. Cass. civ., Sez. VI-2, 12/7/2018, n. 18354), nonché a quello relativo all’onere della pubblica amministrazione, in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato per eccesso di velocità, di fornire “prova positiva dell’omologazione iniziale” e della taratura periodica dello strumento (cfr. Cass. civ., Sez. II, 17/2/2022, n. 8694Cass. civ., Sez. II, 11/2/2021, n. 14597). Nella giurisprudenza amministrativa, la Corte ha richiamato anche la sentenza del Consiglio di Stato che ha evidenziato “la preminenza della sequela della procedura di omologazione degli apparecchi di rilevamento della velocità” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14/11/2008, n. 5693).

Il fumus dei reati. In particolare, il delitto di frode nelle pubbliche forniture

Ritenuta, dunque, la diversità tra le procedure di omologazione e approvazione contemplate nel codice della strada, la Corte ha concluso nel senso della sussistenza del fumus dei reati ipotizzati nei capi di incolpazione provvisoria. In particolare, quanto al delitto di frode nelle pubbliche forniture, la sentenza si è conformata all’orientamento oggi prevalente, secondo il quale per l’integrazione del delitto di cui all’ art. 356 c.p. non è sufficiente il semplice inadempimento doloso del contratto, occorrendo una condotta qualificabile in termini di malafede contrattuale, consistente nel realizzare un espediente malizioso o ingannevole, idoneo a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti, senza tuttavia che siano indispensabili gli artifici o raggiri tipici del delitto di truffa (tra le più recenti: Cass. pen., Sez. VI, 13/6/2023, n. 25372Cass. pen., Sez. VI, 6/12/2021, n. 45105Cass. pen., Sez. VI, 14/9/2020, n. 29374; per l’orientamento contrario che ritiene integrato il delitto dalla condotta dolosa di colui che consegna cose in tutto o in parte difformi dalle caratteristiche convenute senza che occorra necessariamente la dazione di aliud pro alio in senso civilistico, cfr. da ultima: Cass. pen., Sez. VI, 8/4/2016, n. 28301). La Corte ha anche rilevato come il delitto di cui all’ art. 356 c.p. si distingua da quello di inadempimento di contratti di pubbliche forniture ex art. 355 c.p. per la sussistenza di una condotta dissimulatrice “positiva” che rappresenti “un quid pluris rispetto al mero, asettico inadempimento volontario nell’esecuzione delle clausole del contratto”, la quale può essere individuata anche nella dolosa consegna di cose diverse da quelle pattuite, consistenti in un aliud pro alio o in una fornitura ontologicamente o qualitativamente differente rispetto a quella stabilita, di per sé inidonea a soddisfare l’impiego che l’ente pubblico acquirente intenda effettuarne e che, purtuttavia, sia dichiarata dall’agente come provvista dei requisiti prescritti e richiesti.Tale situazione è stata ritenuta sussistente dalla Corte di Cassazione, nei limiti della delibazione propria della fase cautelare in cui si è pronunciata, nel caso sottoposto al suo giudizio, in quanto avente ad oggetto “apparecchiature presentate in sede di conclusione del contratto come conformi al corredo regolamentato”, ma che, in realtà, non erano “sin dall’origine funzionali all’obiettivo istituzionale perseguito dalla pubblica amministrazione”.

Riferimenti normativi:Art. 356 c.p.

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